Lesto82-Music Blog

Red Temple Spirits – I mistici dell’occidente

 

LO SPELEOLOGO

 

 

di NICOLAS ICARDI

 

 

 


 

I Red Temple Spirits erano un gruppo di Los Angeles, attivo nella seconda metà degli anni ’80, di cui si sa molto poco vista l’esigua produzione e la piuttosto corta parabola artistica che li vede protagonisti. Debitori della scena dark-wave anglofona tanto quanto di una psichedelia malata, condiscono i loro pezzi con sezioni ritmiche fortemente ripetitive e con chitarre affilate che evocano territori armonici misteriosi e indefinibili, aiutate dai riverberi accentuati e dai ritmi tribali-ossessivi della batteria. Il gruppo è formato da William Faircloth al canto, che aveva già dato un assaggio delle sue spaventose capacità nei Ministry Of Love, un trio di punk psichedelico che nel 1987 aveva realizzato un Ep, “Wide Awake And Dreaming”, Dallas Taylor alla chitarra, Dino Paredes al basso, già con gli Psi-Com, il gruppo in cui cantava Perry Farrell prima di formare i Jane’s Addiction e Thomas Pierik alla batteria. La loro ispirazione è innanzitutto mistica, invece che sonora: ogni album è dedicato ai rituali religiosi di una civiltà antica. I Red Temple Spirits vengono inoltre inseriti fra gli esponenti della trance californiana, che ha avuto fra i suoi capostipiti i Savage Republic. In verità il loro capolavoro, “Dancing To Restore An Eclipsed Moon”, album doppio pubblicato nel 1988 in sole 500 copie, è anche opera antropologica, gotica, formata da composizioni abbastanza complesse, in cui fondendo il sound dei Joy Division con le timbriche dei Pink Floyd, i Red Temple Spirits realizzano un prezioso affresco di armonie dilatate e pretenziose, che per gli aspetti ritualistici può essere avvicinato si alle prime opere dei Savage Republic, ma per i timbri e le melodie si rifà palesemente alla psichedelia sixties. Il disco di debutto dei Red Temple Spirits, riassume in pratica tutte queste tendenze e le rielabora in un nuovo linguaggio che rende questo ambizioso doppio ,un esordio che ha del miracoloso. Le composizioni sono undici, e volano letteralmente per circa settanta minuti di estasi, oscillano tra frangenti di calma meditativa, accompagnate da ipnotiche linee di basso e in cui i delicati arpeggi di chitarra, delicatamente sospesi nel vuoto, rimandano già ad un lessico post-rock a venire e da furiosi crescendo pervasi da un percussionismo di matrice tribale, frenetiche sfuriate dark-punk e sporadici echi orientaleggianti, il tutto sorretto dalla sciamanica presenza della voce di William Faircloth. Il risultato è clamoroso, e la bellezza della maggior parte dei pezzi presenti, specie nella prima metà, è senza tempo. Dopo un singolo, “New Lands”, uscito nel 1989, il secondo e ultimo lavoro dei Red Temple Spirits viene pubblicato solamente in Europa, dalla belga Fundamental, nel 1989: “If Tomorrow I Were Leaving For Lhasa, I Wouldn’t Stay A Minute More” è un disco più diretto del precedente, dedicato al buddismo tibetano, è un’opera molto più musicale, molto più rock, persino pop, con brani più compatti e composizioni forse meno memorabili. L’ultima registrazione dei Red Temple Spirits è un brano, “The Alchemist’s Stone”, apparso su un album del 1991, registrato durante show radiofonici, chiamato “Taste Test #1”. Dopodiché il nulla. Notizie sui componenti della band non se ne sono più avute.

Dal loro primo album “Dancing To Restore An Eclipsed Moon” vi propongo 4 tracce:

“Dark Spirits” traccia numero 3, E’ il brano meno dilatato dell’album, Inquietante sin dal cantato cavernoso, fonde il synth e la new wave, con un tocco dei rimbombi di basso tipici delle band dark anni ’80.

“Electric Flowers” traccia numero 6, offre un ulteriore saggio della loro capacità di tessere memorabili atmosfere oniriche, incastonate tra batterie tribali, chitarre liquide, crescendo improvvisi e immersioni altrettanto rapide nelle zone più oscure del suono.

“Lost In Dreaming”, traccia numero 10, catacombale più che mai, il basso pulsante, la chitarra tagliente, penetrano ogni secondo di musica, come se braccassero il canto, senza dargli tregua.

“Light Of The Christ”, traccia numero 11, la più lunga dell’album, sembra un cerimoniale, riassume perfettamente tutti gli elementi fin qui individuati, proponendosi, in definitiva, come compendio assoluto di questo capolavoro dimenticato. Il brano può essere diviso in tre sezioni. Nella prima parte Il brano si apre con accordi dilatati di chitarra in un tenue tremolio di campanelli, ma poi nella seconda parte, la più lunga, si lancia in una selvaggia danza poliritmica alimentata dalla melodia della chitarra, dal basso ossessivo, e da un canto violentemente deturpato dai filtri. Nella terza parte, tutto si immerge in una stasi notturna, tra rintocchi di campane e pioggia battente.

I Red Temple Spirits restano un culto sotterraneo, che con gli anni, lentamente, continua a crescere. Sono difficili da trovare i loro dischi, bisogna affidarsi alla rete, oppure alla fortuna, sperando di trovarli in qualche negozio specializzato. Confusi nelle discografie di gothic-rock, dimenticati dalle enciclopedie di “nuova” psichedelia, i Red Temple Spirits reclamano il loro posto all’interno della storia del rock, e altrettanto doverosamente, bisogna collocare il loro primo album tra i migliori di tutta la produzione psichedelica dello scorso secolo.

 

 

 

DARK SPIRITS – 1988

Audio

 

 

ELECTRIC FLOWERS – 1988

Audio

 

 

 

 

LOST IN DREAMING – 1988

Audio

 

 

LIGHT OF CHRIST – 1988

Audio

 

 

 

appuntamento a domenica prossima…

 

 


 

Red Temple Spirits – I mistici dell’occidenteultima modifica: 2010-11-21T11:23:00+01:00da
Reposta per primo quest’articolo